Il museo archeologico di Ascoli Piceno

Il Museo Archeologico di Ascoli Piceno è stato aperto al pubblico nel 1981 ed è ospitato presso Palazzo Panichi in Piazza Arringo, nel pieno centro storico della città.

Il museo è articolato in tre sezioni:

1) al piano terra si trovano i resti di epoca romana, con l’intera sezione dedicata all’arte lapidaria;

2) al primo piano vi è la ricca collezione di reperti di origine picena provenienti dai siti più importanti del territorio;

3) al secondo piano si trovano i resti preistorici che comprendono un’età che va dal Paleolitico all’Età del Bronzo.

Questo è forse uno dei musei marchigiani più importanti per i reperti archeologici del territorio qui conservati, secondo solo a quello del capoluogo di regione.

I ritrovamenti di età Picena sono il fiore all’occhiello del museo: la vivace esposizione con le sagome vestite di  armamenti e gioielli e le scientifiche ricostruzioni degli originali aiutano il visitatore a visualizzare la vita dei nostri antenati.

Nella sezione romana, invece, la coloratissima pavimentazione musiva con la raffigurazione di un’erma bifronte è indubbiamente il ritrovamento più interessante.

Pavimentazione musiva con testa bifronte
Mosaico con erma bifronte

Proveniente dal Palazzo di Giustizia di Ascoli Piceno e risalente al I d.C., rende l’idea di quale potesse essere l’opulenza e la tecnica decorativa raggiunta al tempo della Roma imperiale.

Fonti
http://www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito-MiBAC/Luogo/MibacUnif/Luoghi-della-Cultura/visualizza_asset.html?id=155709&pagename=157031

Il Museo dell’Arte ceramica di Ascoli Piceno

L’ingresso del Museo

Il Museo dell’Arte ceramica di Ascoli Piceno è ospitato nello splendido chiostro del complesso medievale di San Tommaso. Inaugurato nel 2007, il museo compendia la storia della ceramica nella città a partire dalle prime manifatture del XV secolo.

 

I piatti di Montelupo

Il Museo deve molto al mecenatismo del chirurgo Antonio Ceci che donò la sua collezione alla città di Ascoli Piceno. Fra i pezzi più pregevoli del fondo Ceci vanno ricordati i piatti di Montelupo del XVII secolo, con figure dai tratti caricaturali, e un raro piatto settecentesco uscito dalle storiche fornaci di Doccia del marchese Carlo Ginori.

 

Mattonella con paesaggio, esempio di ceramica di Castelli

Di notevole pregio artistico sono le mattonelle provenienti dal convento ascolano di Sant’Angelo Magno. Le maioliche sono state prodotte fra il Seicento e il Settecento a Castelli, località abruzzese celeberrima per la produzione di ceramica. I pezzi in esposizione sono opera dei maggiori artisti castellani: Francesco e Carlo Antonio Grue, Berardino Gentili.

 

Di epoca più recente, Ottocento e  Novecento, è possibile ammirare vasi, piatti, urne, caffettiere e tazze realizzate dalla manifattura Paci (1808-1856), dalla manifatture Matricardi (1920-1929) e dalla Manifattura Fama.

 

Il Museo dispone di un attrezzatissimo laboratorio didattico corredato di tornio e forni.

Per informazioni sugli orari di visite è possibile collegarsi a http://www.ascolimusei.it/_museoceramica/

Fonte: informazioni reperite durante al visita attraverso la guida e le didascalie esposte.

Ponti e miliari romani nelle Marche

Ponti, sostruzioni e miliari romani nelle MarcheNella mappa sono segnalati i principali ponti, le gallerie e i miliari presenti nelle Marche, i quali testimoniano la complessità e la modernità del sistema viario, costruito dagli antichi Romani nella regione.

PONTI

Ponte dei Ciclopi, della Via Flaminia, Cantiano (PU);
Ponticello, poco più a Nord del Ponte dei Ciclopi, Cantiano (PU);
Ponte di Diocleziano sul fiume Metauro, Fossombrone (PU);
Ponte detto delle Piangole sul fiume Metauro, nei dintorni di Pesaro (PU);
Ponte di Porta Rimini, sul fiume Foglia, Pesaro (PU);
Ponte di Smirra, Acqualagna (PU);
Ponte di Traiano, sul fiume Metauro, Fossombrone (PU);
Ponte Grosso, sul torrente Burano, Cantiano (PU);
Ponte Mallio, sul fiume Bosso, Cagli (PU);
Ponte Taverna, sul fiume Burano, Cagli (PU);
Ponticello dell’Abbazia, Acqualagna (PU);
Ponticello di Case Nuove, Acqualagna (PU);

Ponte di Caudino, Caudino, Arcevia (AN);
Ponte Genga, sul torrente Sentino, Genga (AN);
Ponte del Lapis Aesinensis, Jesi (AN);

Ponte di Pioraco, Pioraco (MC);
Ponte sul fiume Potenza, in località Casa dell’Arco, Santa Maria in Potenza (MC);

Ponte sul fiume Tenna, località Molini, Fermo (FM);

Ponte Cecco sul torrente Castellano, Ascoli Piceno (AP);
Ponte sul rio Gran Caso, in località Marino del Tronto, Ascoli Piceno (AP);
Ponte sul fosso di Folignano, in località Piane di Morro, Folignano (AP);
Ponte sul fosso Pittima, in località Valle Scura, Ascoli Piceno (AP);
Ponte di Solestà sul fiume Tronto, Ascoli Piceno (AP);
Ponte sul fosso San Giuseppe, in località Mozzano, Ascoli Piceno (AP);
Ponte sul Rio Nile, in località Ponte d’Arli, Acquasanta Terme (AP);
Ponte sul fiume Tronto, in località Ponte d’Arli, Acquasanta Terme (AP);
Ponte sul fosso di Venerosse, in località Villa di Re, Ascoli Piceno (AP);
Ponte sul Rio Garrafo, Acquasanta Terme (AP);
Ponte di Porta Cappuccina, sul fiume Tronto, Ascoli Piceno (AP);
Ponte della Scutella, Cavignano, Ascoli Piceno (AP);
Ponte d’Arli, della Via Salaria, Ascoli Piceno (AP);
Ponte di Quintodecimo, sul fiume Tronto, Quintodecimo (AP).

SOSTRUZIONI, GALLERIE E TAGLI NELLA ROCCIA

Taglio della roccia in località La Travetta di Acquasanta Terme (AP);
Sostruzione in località Vene di Santa Caterina di Acquasanta Terme (AP);
Sostruzione in località Marzola di Acquasanta Terme (AP);
Galleria del Furlo, Acqualagna (PU).

MILIARI

Pietra miliare di Tito, conservata presso il Museo archeologico di San Severino Marche
Pietra miliare di Tito, conservata presso il Museo archeologico di San Severino Marche

 

Miliari di San Severino (MC);
Miliario di San Marone, Civitanova Marche (MC);
Miliario di Macchie, San Ginesio (MC);

Miliario di Trisungo, Arquata del Tronto (AP);
Miliario di San Pietro d’Arli, Acquasanta Terme (AP);

Miliario di Marino del Tronto (AP);
Miliario di Porchiano ad Ascoli Piceno (AP).

Bibliografia essenziale:
Enrico Giorgi, Il territorio della colonia. Viabilità e centuriazione, in Storia di Ascoli dai Piceni all’età Tardoantica, a cura di G. PACI, Ascoli Piceno 2014, pp. 223-289;
Paolo Campagnoli, Enrico Giorgi, La viabilità delle marche centro meridionali in età tardo antica e altomedievale, in Tardo antico 2006, pp. 111-156
https://it.wikipedia.org/wiki/Lista_di_ponti_romani

Il Piceno

Piceno (Picenum) è il nome che i Romani diedero alla loro Quinta Regio, desumendone il nome dal popolo dei Piceni, che abitavano questa terra già dall’XI secolo a. C.

Centro storico di Montedinove
Centro storico di Montedinove (AP)

L’antico Piceno abbracciava grossomodo le Marche meridionali, l’attuale provincia di Teramo e una parte dell’attuale provincia di Pescara. I suoi confini naturali erano: il fiume Esino a nord, l’Appennino ad Ovest, il fiume Saline a sud e il mar Adriatico ad est.

Oggi si è soliti riferirsi al Piceno, intendendo la sola provincia di Ascoli Piceno.

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Il Museo delle Tombe Picene di Montedinove. Una nuova splendida realtà museale

Montedinove, 8 novembre 2015. Approfittando d’una bella giornata di sole autunnale, ci siamo recati a Montedinove, con l’intento di scoprire una nuovissima realtà del territorio: il Museo delle Tombe Picene.

Abbiamo avuto l’immensa fortuna di essere accompagnati dal Vicesindaco, il Sig. Eraldo Vagnetti, che ci ha illustrato i vari reperti e soprattutto ci ha raccontato la storia del museo, essendone stato uno dei principali protagonisti.

Tutto è cominciato nel 1986, quando i lavori di costruzione d’una strada in località colle Pigna hanno portato alla luce una gran quantità di reperti ceramici e metallici. Quel luogo, in realtà, non era nuovo a rinvenimenti di materiale archeologico: i vecchi del luogo raccontavano che passando con l’aratro portavano alla luce una grande quantità di frammenti di ceramica, pezzi di vasi, che chiamavano “pignatte”, secondo l’uso popolare; e proprio per questo, quella località prese il nome di colle Pigna.

Le campagne di scavo si sono protratte a più riprese dalla fine degli anni Ottanta alla fine degli anni Novanta. I ritrovamenti più importanti, dopo un attento restauro, sono stati esposti nel Museo Archeologico di Ascoli Piceno. Montedinove ed i suoi orgogliosi abitanti hanno da subito lottato, per riportare a casa  le tombe dei loro antenati: così sarebbe stato giusto per gli uomini e le donne lì sepolti da più di duemila anni.

Finalmente, il 26 ottobre 2015, dopo anni di progettazione e di lavori, il Comune di Montedinove è riuscito ad aprire il nuovo centro museale nel cuore del suo borgo antico. L’ex chiesa seicentesca delle Clarisse, dopo una gentile donazione del Demanio, è diventata sede del Museo delle Tombe Picene.

Le sepolture appartenevano probabilmente ad un gruppo familiare, che doveva abitare in un villaggio identificato in località Case Arpini, vicino Rotella. La necropoli ha restituito ricchi corredi risalenti al VII e VI secolo a.C., la cui fattura lascia intendere una probabile parentela con le famiglie di alto lignaggio di Belmonte Piceno. Le somiglianze fra i reperti provenienti dai due siti sono incredibili: ciò si spiega con il fatto che ogni tribù avesse una propria tipologia di monili, disegni e stoffe, tramandati di generazione in generazione.

Ad un primo sguardo, si nota la grande differenza fra sepolture maschili e femminili: le prime molto spartane, le seconde ricchissime di gioielli, stoffe, vasellame. Possiamo soltanto immaginare lo splendore di queste nobili donne.

La tomba più antica è quella della coppia capostipite: l’uomo ha un corredo piuttosto povero, mentre lo scheletro della donna è accompagnato da una quantità incredibile di gioielli e manufatti. Curiosamente, accanto al suo corpo è stata posta anche una lancia: ciò voleva indicare il ruolo predominante che ella ricopriva all’interno del villaggio. Anche a Belmonte Piceno si trova un caso simile in quella che viene chiamata la tomba delle Amazzoni.

Nelle tombe più tarde, i corredi femminili si arricchiscono ulteriormente e si trovano due elementi molto particolari, come la grande fibula a gobbe traforata e ageminata ed il pettorale femminile, simbolo della fertilità della donna.

Fra le tombe maschili, è da citare una pregevolissima spada, che non trova nessun altro riscontro se non nel celeberrimo guerriero di Capestrano, esposto al museo di Chieti.

Non possiamo che esprimere il nostro stupore, prossimo alla commozione, per una realtà museale che, come anche il Museo archeologico di Belmonte Piceno, rappresenta un segnale, una sfida lanciata al futuro. Stiamo forse entrando in una nuova epoca, in cui finalmente ci stiamo accorgendo dei tesori, frutto del nostro affascinante passato. Forse è giunto il momento di tramandare e riscoprire questo passato illustre, per avere un’opportunità in più nel futuro; un futuro, che sia frutto di un felice connubio fra tradizione ed innovazione. E questo ci piace!

Per la prossima primavera, turisti e appassionati saranno in grado di ammirare gli splendidi materiali, mai esposti, rinvenuti durante gli scavi. Il Museo delle Tombe Picene è situato in largo Lea Caracini,  presso l’ex Convento delle Clarisse. Per informazioni sui giorni e gli orari d’apertura, è possibile contattare il Comune di Montedinove allo 0736 829410 (tutti i giorni dal lunedì al venerdì).

Cogliamo l’occasione per ringraziare di nuovo la squisita gentilezza del vicesindaco, Eraldo Vagnetti, che ci ha permesso di scoprire un altro meraviglioso angolo del nostro territorio.

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Sybilla Picena è uno spazio di condivisione, per raccontare e descrivere la storia (e le storie) di una terra quasi nascosta, ma non dimenticata: le Marche e più in particolare il Piceno, un territorio che è un vero e proprio tesoro a cielo aperto.

La Sybilla, secondo l’antica mitologia greca e romana, era una profetessa che aveva il potere di predire il futuro. Seguendo una certa tradizione medievale, doveva esservene una anche sui Monti Sibillini, tra Marche e Umbria: la cosiddetta Sybilla Appenninica o Picena. Qualunque sia la sua origine, le storie legate alla Sybilla sono piene di fascino e gettano un ponte attraverso la storia, testimoniando la sostanziale continuità storico-culturale e cultuale del nostro territorio, attraverso Preistoria, Età antica, Medioevo, Modernità.

La figura della Sybilla ci spinge a scavare, per mostrare come, nello scorrere del tempo, tutto si conserva.

La Sybilla Picena è dunque un simbolo, il simbolo del nostro territorio: è la profetessa che svela gli enigmi della nostra terra e che, da tempo immemore, ne racconta le storie di ieri, oggi e domani.

CHI SIAMO

Gli autori di Sybilla Picena sono Giacomo Morroni, laureato in Filosofia, e Stefano Vittori, laureato in Archeologia; entrambi marchigiani, appassionati di storia e delle radici culturali della loro “piccola” terra: il Piceno, il cui cuore comprende le valli del Tronto, dell’Aso, dell’Ete e del Tenna.Questo piccolo angolo di mondo è un autentico microcosmo, che in pochi chilometri quadrati riesce a stupire ogni giorno, anche chi come noi ci vive da sempre.

Con il tempo, stiamo imparando ad interrogare la nostra terra e farla parlare, per capire da dove veniamo e dove stiamo andando. Ogni singola pietra, sasso, mattone, albero, via, volto, è in grado di raccontarci qualcosa, per capire meglio il mondo che ci circonda.

Il nostro obiettivo è unire i due mestieri: quello dell’archeologo, che scava, e quello del filosofo, che comprende. Scavare per riportare alla luce, per far emergere quello che il tempo ha coperto e sopratutto quello che abbiamo smesso di guardare e che nonostante tutto, resta sotto ai nostri occhi. Capire, per avere uno sguardo più consapevole sul mondo, su ciò che accade e su quello che possiamo fare oggi per vivere meglio.