Quella temeraria scalata al cielo: la Casa Museo Osvaldo Licini

Nel piccolo castello di Monte Vidon Corrado, incastonato come una pietra preziosa nella bella campagna marchigiana, si trova uno di quei luoghi che non t’aspetteresti di trovare in un paese quasi sperduto fra i colli: la Casa Museo Osvaldo Licini.

Tutti conoscono, anche solo di nome, il grande pittore montevidonese, ma pochi ancora sanno che la casa, in cui visse dal 1926 fino alla morte, è diventata un museo.

Dopo un’attenta ristrutturazione dell’immobile, per opera dell’architetto Manuela Vitali, la casa è stata destinata a museo e restituita alla collettività. Tutti gli ambienti sono stati ricomposti con gli arredi e gli oggetti originali, generosamente donati da Caterina Celi Hellostroem, figlia adottiva della moglie dell’artista.

La casa di Licini è una veneranda dimora padronale del Settecento, disposta su tre livelli. Al seminterrato si trova la cantina, interamente in laterizio a vista: qui il Maestro preparava personalmente i colori e teneva riunioni segrete con i compagni di partito, durante il periodo in cui fu sindaco di Monte Vidon Corrado. Qui si trova la grande vasca per la preparazione del vino cotto e, appeso alla parete, un cerchio di botte in cui il pittore aveva inserito un crocifisso.

Al piano terra vi sono la cucina ed il salone, con un arredamento dal gusto tipicamente nord europeo. Parte degli arredi, infatti, furono acquistati in Svezia e, come sappiamo dai documenti della dogana, arrivarono nel porto di Ancona nel 1932.

Nel salone si possono ammirare due opere originali: il Ritratto della madre (1922) e Paesaggio, entrambe del periodo figurativo di Licini.

Dal piano terra, attraverso un’ampia scala si sale al primo piano. Da notare il soffitto dipinto dal pittore stesso di azzurro e grigio, per coprire alcune crepe formatesi in seguito al terrremoto del 3 ottobre 1943.

Arrivati al piano superiore, si trovano le camere e lo studio dell’artista. Nella camera matrimoniale, sulla parete cui è addossato il letto un’altra pittura parietale di Licini fa da testiera: si tratta dell’Archipittura in stile costruttivista, un disegno geometrico su fondo nero basato sulla forma triangolare, al cui centro si trova un quadro della Madonna. Colpisce davvero molto la modernità di questa scelta di design e di colore per l’epoca originalissima.

Veniamo ora al Sancta Sanctorum della casa: il luminoso studio, in cui l’artista soleva lavorare indisturbato. Tutto è stato riposizionato come quando era vivo: la scrivania incrostata di colori vicino alla finestra, i manifesti delle mostre alla parete, la branda dove l’artista dipingeva semi-sdraiato per non stancare la gamba ferita durante la Prima guerra mondiale. Nelle mensole della parete sono stati persino riposizionati i pennelli, le tavolozze e i colori, ritrovati in cantina.

Gli anziani del paese raccontano che lo studio era invaso da una buona dose di “disordine d’artista”: libri e carte d’ogni genere invadevano ogni angolo del pavimento. Naturalmente, i libri oggi non ci sono più, ma la presenza del pittore è ancora, in qualche modo, tangibile: quell’uomo così carismatico, così forte, pieno di vita, sembra ancora abitare quei luoghi.

Al termine della visita è come se lo si conoscesse da sempre: si scendono le scale e si è un po’ malinconici, quasi che si volesse rimanere ancora un po’, per rivivere quell’atmosfera “ribelle” di un’artista, che alla “festa mobile” di Parigi preferì il ritiro pacato di Monte Vidon Corrado.

Licini: l’Angelo di Santo Domingo

L’ESPOSIZIONE
Fino al 14 febbraio 2016 a Monte Vidon Corrado, nella Casa Museo Osvaldo Licini, sarà in esposizione l’Angelo di Santo Domingo (olio su faesite, 62,2 x 72,8), importante opera del pittore marchigiano.

Il dipinto è stato gentilmente concesso in prestito dal suo attuale proprietario, Giuliano Gori, imprenditore pratese che ha dato vita, a partire dal anni Settanta, ad una splendida collezione d’arte a Villa Celle vicino Pistoia.

L’evento è stato organizzato in concomitanza con l’acquisizione di un disegno preparatorio dell’opera da parte del Centro Studi Licini, resa possibile grazie al prezioso contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo e di alcune aziende locali. Il disegno è tornato a casa, dopo essere appartenuto prima a Luigi Dania e poi a Egidio Mengacci, fondatore della galleria L’Aquilone di Urbino.

La scrivania dello studio del pittore (Casa Museo Licini).LA STORIA
L’Angelo di Santo Domingo è l’unico lavoro che Licini accettò di realizzare su commissione; il committente, Luigi Lombardi, era un collezionista di Prato. Il pittore avrebbe dovuto consegnarlo entro l’agosto del 1956, ma per alterne vicende, ancora all’inizio del 1957, dell’Angelo v’erano soltanto un gran numero di bozzetti preparatori. Licini invitò Lombardi a Monte Vidon Corrado per scegliere la versione definitiva e finalmente, nell’estate del 1957, spedì il dipinto, rammaricandosi che Lombardi non si fosse recato personalmente a Monte Vidon Corrado per ritirarlo.

IL DIPINTO
L’intera composizione è ridotta alla purezza dell’essenza geometrica. Sospeso in un paesaggio tra colline e mare, che ricorda proprio un tipico panorama marchigiano, vi è un angelo sospeso nel cielo azzurro. È l’aurora o il crepuscolo: un sole rosso-arancio fa capolino sul mare. Una falce di luna incornicia il volto dell’angelo, quasi a diventarne la chioma. In un etereo silenzio, venato di presagio, l’angelo guarda l’osservatore: cosa vorrebbe dirgli?

Una testimonianza del nipote del pittore, Lorenzo, svela l’origine del titolo: Licini raccontò che la forma dell’angelo gli sembrava molto simile a quella dell’isola di Santo Domingo. Eppure l’affascinante enigma che il quadro cela è ancora lungi dall’essere svelato, come dimostrano i due indecifrabili segni calligrafici presenti sul dipinto: il numero 5 posto vicino all’angelo e quella che pare essere una lettera “a” in corsivo, posta sul lato sinistro.

ORARI
Per gli orari della mostra, visitabile fino al 14 febbraio 2016,  è possibile visitare il sito del Centro Studi Licini di Monte Vidon Corrado.

Infoline:

Tel.: 0734 759348, interno 6

Cell.: 334 9276790 (anche per i gruppi).

“Occhi negli Occhi”, il nuovo album di Fabio Capponi

Sabato 9 gennaio il Teatro delle Api di Porto Sant’Elpidio ha fatto da sfondo alla presentazione di Occhi negli Occhi, il secondo album del pianista e compositore elpidiense Fabio Capponi. Diplomato in pianoforte al Conservatorio “G.B. Pergolesi” di Fermo, Capponi è già al suo secondo progetto discografico, realizzato in collaborazione con un quartetto d’archi costituitosi per l’occasione e composto da quattro brillanti musicisti marchigiani: Andrea Esposto (violino), Gaia Valbonesi (violino), Vincenzo Pierluca (viola) e Federico Bracalente (violoncello).

Lo splendido Teatro Delle Api, gremito di spettatori, è risultato una cornice perfetta per un concerto-spettacolo, in cui la musica è riuscita a creare suggestioni quasi figurative. La musica, infatti, ha lasciato spazio alla parola: l’attrice Pamela Olivieri ha recitato poesie e testi originali, ispirati ai brani del disco. Si è trattato di uno dei rarissimi casi in cui non è stata la musica ad accompagnare la poesia, ma questa a mettersi a servizio della potenza dell’espressione musicale, un po’ come accade in alcune opere di Robert Schumann, in cui la parola allude alla musica e non viceversa.

Interessante e risolutiva la scelta del pianista di alternare brani per piano solo a brani che prevedono la presenza del quartetto d’archi. Le scelte timbriche si sono rivelate particolarmente felici: Fabio Capponi è stato in grado di ricreare un sound cameristico mai scontato, dove quartetto e pianoforte hanno dialogato amorosamente; complice del successo un’esecuzione impeccabile, dove il tocco chiaro e trasparente del pianista si è perfettamente sposato con l’amalgama sonoro del quartetto, sempre a fuoco, mai secondario.

Quello del 9 gennaio è stato il primo di una serie di concerti che porteranno Occhi negli Occhi in giro per alcuni dei più bei teatri storici delle Marche. Ecco i prossimi appuntamenti:
13 febbraio, Corridonia, al Teatro Velluti, ore 21.30: per informazioni e prenotazioni chiamare lo 0733 431769;

10 aprile, San Ginesio, Teatro Leopardi, ore 18.00: per informazioni e prenotazioni chiamare il 347 0205759 o scrivere a teatro.sanginesio@libero.it.

(Clicca sull’immagine per ingrandirla. La foto pubblicata è stata realizzata e gentilmente concessa da Bianca Marucci.)

Dal soffio al suono. Il debutto dell’Atmós Ensemble

Atmòs_Ensemble_Montecosaro_0623 mark 2Montecosaro, 4 gennaio. Nella splendida cornice del Teatro delle Logge si è svolto l’entusiasmante debutto dell’Atmós Ensemble, la banda da concerto fondata da due giovanissimi maestri: Michele Paolino e Lorenzo Perugini, entrambi venticinquenni. In cartellone, un programma di tutto rispetto, con musiche di F. Erickson, P. Grainger, B. Appermont, E. Whitacre, L. Pusceddu, R. Sheldon, in grado di lasciare senza fiato (è proprio il caso di dirlo) il numeroso pubblico accorso ad ascoltare.

La banda da concerto costituisce una realtà ormai consolidata nel mondo anglo-americano, per numero di orchestre attive e repertorio, che l’Ensemble vuole riproporre al pubblico italiano nonostante l’organico ridimensionato, come “ridimensionate” sono le risorse che nel nostro Paese si destinano alla cultura.

L’Atmós Ensemble è costituito da 21 giovani strumentisti, tutti provenienti dalle Marche, che hanno scelto di fare della musica la propria ragione di vita e la propria professione. Tutti i componenti, infatti, hanno compiuto o stanno ultimando studi di alta formazione musicale. Ciò consente loro di potersi confrontare con repertori appartenenti a culture e generi diversi, spaziando tranquillamente dal classico al moderno. L’idea di contaminazione è compresa già nel nome che la formazione ha scelto di darsi: Atmós è parola presa in prestito dal greco antico, che vuol dire soffio, vapore, e che contiene sia il riferimento al soffio che produce il suono, sia al termine atmosfera, che è formata da una mescolanza di vapori (gas), proprio come l’ensemble è una mescolanza di strumenti a fiato.

Atmòs_Ensemble_Montecosaro_0206 mark 2Di seguito, riportiamo i nomi di tutti i componenti della formazione esibitasi ieri: FLAUTO E OTTAVINO: Gloria Giacomelli; OBOE E CORNO INGLESE: Manuel Mantovani; CLARINETTI: Elisa Cimadamore, Marylisa Mariani, Laura Veroli; CLARINETTO BASSO: Frenkli Mirto; SAX CONTRALTO: Michele Paolino, Agnese Giachè; SAX TENORE: Luca Marinelli; CORNI FRANCESI: Artem Kozlov, Giampaolo Baldelli; TROMBE: Federico Perugini, Mattia Zepponi; TROMBONI E EUPHONIUM: Niccolò Serpentini, Matteo Paggi; TUBA: Valerio del Bianco; PERCUSSIONI: Federico Occhiodoro, Simone Polenta, Stefano Manoni, Lorenzo Bruscantini. DIRETTORE: Lorenzo Perugini.

 

(Le foto dell’Atmós Ensemble sono state realizzate e gentilmente concesse da Emanuele “Memme” Animali.)