
Il 26 luglio, presso l’area archeologica La Cuma di Monte Rinaldo, si è chiusa la campagna di scavi 2019.
L’evento ha visto la partecipazione del sindaco di Monterinaldo G. Borroni, del prof. Enrico Giorgi dell’Università di Bologna e della dott.ssa Paola Mazzieri della Soprintendenza. Presenti anche gli studenti e gli archeologi che hanno partecipato agli scavi.
Ripercorriamo lo svolgimento della serata. Dapprima si è svolta una presentazione delle autorità succitate che hanno – per noi giustamente – ricordato l’importante lavoro di rete che ha permesso tutto ciò che è stato fatto. Non si è trattato solo di portare avanti gli scavi ma di avviare contemporaneamente un intervento di valorizzazione dell’area. A tal proposito si ricordano i progetti didattici nelle scuole e nello scavo stesso che hanno coinvolto bambini e ragazzi degli istituti del territorio. Gli alunni hanno potuto calarsi nei panni dell’archeologo e conoscere l’importante patrimonio che il proprio territorio custodisce.
Il prof. Giorgi ha poi riferito sullo stato dell’arte. Gli studi sull’area procedono su due fronti: da una parte la prosecuzione degli scavi e lo studio del sito, dall’altra la ricerca sul contesto in cui il santuario sorgeva, cioè la Valdaso e il Piceno meridionale in età tardo repubblicana. La domanda cui gli studiosi vogliono dare una risposta è: qual era la funzione del santuario in un’area rurale? Perché un complesso così maestoso in un territorio di campagna?
Una delle ipotesi è che il tempio non fosse solo un luogo di culto ma fungesse anche da centro amministrativo durante la colonizzazione romana, essendo posto nella media valle dell’Aso, dove non vi sono centri urbani, come invece accade per le altre valli fluviali del Piceno.
Per cercare di capire come fosse organizzata l’area intorno al tempio sono state svolte anche delle prospezioni geofisiche, in collaborazione con la British School at Rome. Le prospezione hanno effettivamente evidenziato la presenza di anomalie nel sottosuolo, riconducibili alla probabile presenza di resti.
Riguardo agli scavi archeologici veri e propri, gli scavi del 2019 hanno interessato la porzione occidentale dello scavo. Prendendo per buona l’ipotesi di un tempio triportico, suffragata dal ritrovamento del portico nord e del portico est, gli archeologi si aspettavano di trovare la restante porzione del portico. Al contrario, si sono imbattuti in un edificio rustico, collocabile fra la fine del I a.C. e la fine del I d.C.

L’edificio, di cui ancora non si è compresa la funzione, sorgeva su strutture precedenti risalenti alla fase di massimo splendore del tempio (seconda metà del II a.C. – prima metà I a.C.). Esso presentava un piano di calpestio in terra battuta. Al suo interno sono state prelevate più di venti cassette di materiale ceramico attualmente in restauro presso la Scuola di restauro di Ravenna. Come in uso all’epoca, l’edificio rustico presentava tracce di materiali di recupero provenienti dal tempio, come i frammenti di decorazione del santuario (vedi la foto a fianco).
Terminata la presentazione, gli archeologi hanno accompagnato il pubblico presso il nuovo scavo. Hanno mostrato e spiegato le varie stratificazioni: l’edificio rustico, le strutture monumentali del tempio e anche le tracce di strutture di una fase precedente alla monumentalizzazione del sito.
Al termine della serata, si è svolta l’inaugurazione di una piccola mostra temporanea (vedi galleria fotografica), allestita presso la biglietteria del teatro, in attesa che sia organizzata una mostra itinerante ufficiale con il materiale restaurato della Scuola del Restauro di Ravenna e con l’augurio che il Museo Archeologico, ad oggi inagibile in seguito al sisma del 2016, possa essere ristrutturato.
Noi di Sybilla Picena siamo entusiasti del lavoro presentato e lodiamo la capacità “sinergica” di tutti i soggetti coinvolti. Ci sentiamo di porgere un elogio particolare al sindaco di Monte Rinaldo che ha dimostrato una sensibilità non scontata e una visione di lungo periodo che è quello di cui abbiamo bisogno nelle Marche, se vogliamo contare anche sul turismo in futuro.
Il santuario ellenistico di Monte Rinaldo non è solo un scavo archeologico, ma un patrimonio collettivo che può essere ancora luogo di conoscenza, punto di incontro e sede di eventi, come lo era in passato.